L’Arcadia in Brenta, Londra, Woodfall, 1755

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa.
 
 Tutti a sedere. CONTE in mezzo, madama LINDORA alla dritta, GIACINTO accanto a ROSANA; LAURA alla sinistra, FORESTO vicino a Laura. FABRIZIO in piedi da un lato
 
 CORO (Tutti)
 
    Viva l’Arcadia in Brenta,
 viva lo scherzo e il riso;
 si faccia a tutti in viso
 la gioia scintillar.
 
335   Nessun di noi si penta
 di far con dolce impero,
 l’amor sempre sincero
 sul nostro cor regnar.
 
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
340il povero Fabrizio
 gli manda un memorial, con cui lo prega
 comandar a’ pastor che per servizio
 lascino qualche ninfa anco a Fabrizio.
 CONTE
 Dall’arcadico trono,
345a cui per vostro dono io sono alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato.
 Primo: ciascuna ninfa
 scielga il pastor, di tutti alla presenza;
 ma non vuo’ che Fabrizio resti senza.
350Secondo: quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
 e lei, come è il dovere,
 del regalo disponga a suo piacere.
 CORO (Tutti fuori del conte)
 
355   Viva il conte Bellezza,
 d’Arcadia il prence eletto,
 grazioso in ogni detto,
 nato per comandar.
 
 CONTE
 
    Grazie a tal gentilezza;
360gradisco il vostro affetto;
 e ciaschedun prometto
 in tutto contentar.
 
 FABRIZIO
 Bravo, bravo.
 ROSANA
                            Potrò dunque godere
 il sospirato onore,
365che sia il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 E viva, e viva.
 LAURA
                             Piano, pian di grazia;
 ho scelto già Fabrizio nel mio core
 e sarà sempre il mio fedel pastore.
 ROSANA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURA
370Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
 Oh questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
 Dall’arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar di due ninfe il core,
375abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
 Oh bravo per mia fé,
 son capace, lo giuro, anco per tre.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 io tra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
380Venga la quarta ancor, mi fa servizio;
 non mi perdo in la folla, io son Fabrizio.
 CONTE
 Non è finito ancora;
 se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
385(Ohimè, sono imbrogliato!
 Questo favor mi vuol costar salato).
 GIACINTO
 Su via, fatevi onore.
 FORESTO
 Via, portatevi ben, signor pastore.
 CORO (Tutti fuori di Fabrizio)
 
    Viva Fabrizio,
390degno d’amore,
 pien di buon cuore,
 tutto bontà.
 
 FABRIZIO
 
    Che precipizio!
 Io mi rovino.
395Oh me meschino!
 Che mai sarà?
 
 FABRIZIO
 A voi, Rosana bella,
 questo piccol brillante io vi presento.
 E a voi, mia Lauretta,
400graziosa, vezzosetta,
 questo orologio d’or presento in dono.
 E a madama Lindora
 dono una tabacchiera di Siviglia.
 CONTE
 Adesso di quei doni
405ne disponga ciascuna a suo talento
 e faccia al donator un complimento.
 ROSANA
 Io pongo questo anello
 nel dito di Giacinto
 e dico al donatore
410che io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come!
 LAURA
                Questo orologio
 a Foresto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un fico.
 FABRIZIO
415Che? Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 CONTE, GIACINTO, FORESTO
 Viva il signor Fabrizio.
 LINDORA, ROSANA, LAURA
420Ci rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maledetti tutti sei.
 
    Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo.
 Che! Sono un cavolo?
425Son gentiluomo
 del mio paese,
 io fo le spese,
 io son padrone,
 che impertinenza!
430Che prepotenza!
 Come? Che dite?
 Eh, padron mio,
 basta così.
 
    La vuo’ finire,
435me ne vuo’ ire;
 signore ninfe,
 gnori pastori,
 buon viaggio a loro;
 che non vi piace?
440Se ne anderanno,
 signori sì.
 
 SCENA II
 
 Tutti fuori di Fabrizio
 
 FORESTO
 Vuo’ sequitar Fabrizio; ognun mi renda
 il don che ricevé.
 GIACINTO
                                  Questo è l’anello.
 CONTE
 Ecco la tabacchiera.
 LAURA
                                       A dirla schietta
445l’abbiamo ben burlato.
 FORESTO
 Quando il tutto riavrà sarà placato. (Foresto parte)
 CONTE
 Deh, madama, mio nume,
 andiam per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori
450la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 LAURA
 Eh, signor conte mio,
 lei parte con madama,
 Rosana se n’andrà col suo Giacinto
 ed io resterò sola?
455Lei di cavalleria non sa la scuola.
 CONTE
 Ha ragion, mi perdoni;
 servirò tutte due.
 Sull’umil braccio mio poggin la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
460(Son godibili assai).
 ROSANA
 (Più grazioso piacer non ebbi mai).
 LINDORA
 Con caminar sì presto mi stroppiate.
 LAURA
 Con questo andar sì piano m’ammazzate.
 CONTE
 (Sono in un grande impegno). Via, madama,
465un tantino più presto; e voi Lauretta
 un tantino più piano.
 LAURA
 Più piano di così? Mi vien la morte.
 LINDORA
 Vi dico che io non posso andar sì forte.
 CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
470l’una tira e l’altra mola;
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
    Forti, forti, saldi, saldi,
475vada pur ciascuna sola;
 io gli sono servitor.
 
 SCENA III
 
 LAURA, madama LINDORA, ROSANA e GIACINTO
 
 LAURA
 Madama, andate pian quanto volete,
 per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
480Oibò, corre sì forte
 sol la gente ordinaria,
 io son di nobiltà straordinaria. (Parte)
 ROSANA
 Bei carratteri al certo.
 GIACINTO
                                           Anzi bellissimi.
 ROSANA
 Per or godo l’onore
485che siate mio pastore.
 GIACINTO
 Certo, se non sdegnate
 di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANA
 Felicissima Arcadia allor direi,
490se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato,
 col mio pastor, col mio Giacinto a lato.
 
    Il mio pastor voi siete,
 unica mia speranza
495e con egual costanza
 fedel mi serberò.
 
    Parto per un momento
 ma l’alma mia qui resta;
 la vera prova è questa
500che sempre vi darò.
 
 SCENA IV
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
 d’amor ne’ nostri petti a poco a poco.
 Queste villeggiature
 in cui sì francamente
505si tratta e si conversa
 producon dolci ardori,
 impegni, servitù, dolcezze, amori.
 
    Al sussurar delle aure,
 al mormorio dell’onde,
510al scherzo delle fronde,
 al monte, al colle, al prato,
 a un core innamorato
 più cara è la beltà.
 
    Da così bella fiamma
515in così grato loco
 nacque il mio dolce foco
 e sempre durerà.
 
 SCENA V
 
 Camera in casa di Fabrizio con sedie.
 
 Madama LINDORA e FABRIZIO
 
 LINDORA
 Ho tanto caminato;
 e la fatica m’ha tanto fiaccata
520che una vena mi credo in sen crepata.
 FABRIZIO
 Canchero! Se ne guardi.
 (Oh che gran seccatura!)
 LINDORA
 Sederei volentier ma questa sedia
 è dura indiavolata.
 FABRIZIO
525Questa sedia è miglior.
 LINDORA
                                             Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura!
 FABRIZIO
 Ecco la mia poltrona.
 LINDORA
                                         Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
530Eh cospetto di Bacco!
 Adesso la servo io. (Parte e torna con un materazzo)
 Eccole un materazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Questo è un strapazzo;
 lo conosco, lo so; ma non credevo
535dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar, non vuo’ più star,
 più beffata esser non vuo’.
 Signorsì, me n’anderò.
540Sono tanto tenerina
 che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione
 che mi ha fatto lacrimar.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può,
545non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
 il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitar all’improviso
 stasera una comedia!
 E voi dovete far la parte buffa.
 FABRIZIO
550Il buffo devo far? Questo è un mestiere
 che è difficile assai.
 Per far ridere i pazzi
 non ci vuol grande ingegno.
 Ma far ridere i savi è grande impegno.
 FORESTO
555Andatevi a vestir, che io venirò.
 FABRIZIO
 Farò quel che potrò;
 ma diavolo, si spende
 troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ fare il conto
560quanto ho speso finora
 e quanto doverò spendere ancora.
 
    Quattrocento bei ducati,
 poverini sono andati;
 sessantaotto bei zecchini
565sono andati, poverini;
 trenta doppie, oh che animale!
 Cento scudi, oh che bestiale!
 Quanto fanno? Io non lo so.
 
    I zecchini sessantaotto
570co’ ducati quattrocento
 fanno, fanno, oh che tormento!
 Basta, il conto è bello e fatto,
 perché un soldo più non ho.
 
 SCENA VII
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
 Me la rido di cuore quando vedo
575certi pazzi che fan gl’innamorati;
 e credon col scialare,
 con robba e con contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non c’è, non si fa niente.
580Ecco di tutti gl’uomini l’inganno
 e chi si vuol precipitar suo danno.
 
    A me non me la fiaccano
 le donne in verità;
 conosco le lor trappole,
585son tutte falsità;
 c’ingannano, ci pigliano,
 c’impicciano, ci rubbano
 e verso noi non usano
 un pel di carità.
 
590   Chi puole scappare, scappi,
 viva la libertà.
 
 SCENA VIII
 
 Gran sala in casa di Fabrizio.
 
 GIACINTO sotto nome di Cintio, FABRIZIO da Pulcinella, LAURA da Colombina, madama LINDORA da Diana e il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Sieguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                         Eccome cà.
 GIACINTO
 Siccome un’atra nube
 s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
595così da quelle mura
 coperto è il mio bel sole, onde è che afflitto
 i nuovi raggi del mio bene attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parli in inglese, io non t’intiendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo,
600batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
 Finger dei che ci sia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
605Acciò che la mia bella
 venga meco a parlare.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò; ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 GIACINTO
 Non temer, son per te.
 FABRIZIO
610O de casa.
 LAURA
                      Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                            Sono io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chissa è per me.
 GIACINTO
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
615Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 CONTE
                                         Colombina. (Di dentro)
 LAURA
 Ohimè! Questo è il padrone.
 FABRIZIO
620Mannaggia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto. (Giacinto e Fabrizio si ritirano)
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arosto.
 CONTE
 Cosa xe, fantolina?
 Cosa xe, Colombina?
625Cosa fastu qua in strada?
 LAURA
 Ero sortita per comprare i spilli.
 CONTE
 Se ti ha qualche cosa da comprar,
 se ben che mi son vecchio e poco bon,
 co se tratta de ti,
630v’andrò, mia cocoletta, a comprar mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate troppo onore.
 CONTE
 Caro quel sesto,
 caro quel viso bello,
635per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per te, mia coccoletta,
 amor dentro nel petto
 suonando il ciufoletto,
 la bella furlanetta,
640con piacer mi fa ballar.
 
    Via, para, senti;
 ah viscerette care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 GIACINTO
645Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella.
 Viennece ancora tu
 e faremo all’amore tra de nu.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
650se i padroni fra lor fanno all’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobiltà;
 noi andiamo più alla buona
655senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senza altre pene:
 «Mi vuoi ben? Ti voglio bene»
660e facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella.
 GIACINTO
 Ecco, viene quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
665Con essa vene Menarella ancora.
 GIACINTO
 Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
670Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah, tu sei la mia bella.
 LAURA
 E tu sei il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 A voi donato ho il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
675Per te me sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
 Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
680Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Che contento! Che diletto!
 
 GIACINTO, FABRIZIO
 
 Vien, mio bene, a questo petto;
 io ti voglio un po’ abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
685Abbrazzai? Cagadonai?
 Via, caveve, via di qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco, mio signore.
 
 FABRIZIO
 
690Te son schiavo, Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol che io vada?
 
 CONTE
 
                                      Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anche io?
 
 CONTE
 
                               Mi v’ho mandao.
 
 GIACINTO
 
695Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via, tiolé sto canelao;
 colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
700   Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
 Gnor padron, per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh, vi supplico ancora io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, padrone mio.
 
 CONTE
 
 Duro star non posso più;
705via, mattazzi, levé su.
 
 TUTTI
 
    Io vi prego.
 
 CONTE
 
                           Zitti là.
 
 TUTTI
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Venì qua.
 
    Cari fioi, deve la man;
 alla fin son venezian;
710m’avé mosso a compassion.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva Pantalon.
 
    Viva, viva il dolce affetto,
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
715che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo